Stasera in tv: “Man of Tai Chi” con Keanu Reeves su 20 Mediaset
20 Mediaset stasera propone “Man of Tai Chi”, film d’azione e arti marziali del 2013 diretto da Keanu Reeves e interpretato da Keanu Reeves, Tiger Hu Chen, Karen Mok, Simon Yam e Iko Uwais.
Man of Tai Chi, su 20 Mediaset il il debutto alla regia di Keanu Reeves che racconta le esperienze in quel di Pechino di un giovane artista marziale interpretato da Tiger Hu Chen (stuntman nella trilogia di Matrix). Reeves per l’occasione veste anche i panni del cattivo del film, che attirerà Chen in un torneo clandestino di arti marziali.
Man of Tai Chi – Cast e doppiatori
Tiger Hu Chen: Tiger Chen Linhu
Keanu Reeves: Donaka Mark
Karen Mok: Sun Jingshi
Simon Yam: sovrintendente Wong
Iko Uwais: Gilang Sanjaya
Jeremy Marinas: lottatore MMA
Silvio Simac: Uri Romanov
Yu Hai: maestro Yang
Michael Tong: Yuan
Ye Qing: Qing Sha
Sam Lee: Tak Ming
Doppiatori italiani
Emiliano Coltorti: Tiger Chen Linhu
Luca Ward: Donaka Mark
Benedetta Degli Innocenti: Sun Jingshi
Ennio Coltorti: sovrintendente Wong
Giorgio Lopez: maestro Yang
Fabio Boccanera: Yuan
Man of Tai Chi – Trama e trailer
In quel di Pechino il fattorino Chen Lin-Hu (Tiger Hu Chen) è addestrato dal suo maestro nell’arte del Tai Chi. Quello che il giovane combattente vuol dimostrare è che il Tai Chi è anche un’efficace arte marziale che può competere con altri stili di lotta e per dimostrare ciò parteciperà ad un torneo sconfiggendo un avversario dietro l’altro. Le vittorie di Chen attireranno l’attenzione dei media, ma anche quella di Donaka Mark (Keanu Reeves), losco uomo d’affari sorvegliato dalla polizia che organizza incontri clandestini brutali e privi di regole e che inviterà il giovane lottatore a parteciparvi. Chen all’inizio rifiuterà la proposta di Mark consapevole che lottare per denaro è cosa disonorevole, poi subentreranno alcune necessità materiali che lo porteranno ad accettare. Così incontro dopo incontro il giovane ragazzo vedrà il suo equilibrio interiore perdere limpidezza e cedere il passo ad brutale istinto di sopravvivenza, soccombendo vittoria dopo vittoria ad un “lato oscuro” che chiama sangue e violenza.
Il nostro commento
Keanu Reeves dopo l’esperienza con la trilogia Matrix e il kung fu contenuto in essa, segue l’esempio del collega RZA e il suo L’uomo con i pugni di ferro debuttando alla regia con un action a base di arti marziali, stavolta ambientato in una odierna Pechino. Reeves ritaglia per se un ruolo da antagonista, sceglie come protagonista lo stuntman e artista marziale Tiger Hu Chen e recluta il maestro delle coreografie di lotta Yuen Woo-ping, questi ultimi erano entrambi nel team che ha realizzato “Matrix”.
Il “Man of Tai Chi” di Reeves è figlio della passione per le arti marziali nella loro connotazione più cinematografica. All’interno della trama si percepiscono svariate influenze che vanno dai classici kung-fu movies anni ’70, che l’attore omaggia con il combattimento finale e alcune inquadrature ad hoc (vedi la zoomata sugli occhi dei combattenti), per arrivare agli action anni ’80 e ’90 con Van Damme (“Senza esclusioni di colpi” con il Kumitè e “Lionheart” con i combattimenti clandestini per danarosi spettatori), Nel mix troviamo anche il moderno mondo dei videogiochi transitato su grande schermo con alterna fortuna (vedi “Mortal Kombat”, “D.O.A.” e il recente “Tekken”).
Reeves sceglie una strada non semplice, la sua ambizione sembra quella di voler regalare ad un action a tutto tondo un minimo sindacale di spessore interpretando una sorta di aspirante Darth Vader, il cui unico obiettivo è quello di prendere uno spirito puro e trasformarlo in un killer. Così l’attore intervalla su schermo un conflitto interiore tra bene e male in divenire e una lunga serie di combattimenti che si dividono in competizioni sportive alla luce del sole e brutali corpo a corpo illegali combattuti nell’ombra.
Senza dubbio il film di Reeves ha l’appeal giusto per attirare chi è appassionato del genere e anche chi pratica arti marziali: vedi la varietà di stili (si va dall’indonesiano Pentjak Silat alle MMA); la scelta di mostrare il Tai Chi Chuan nella sua veste meno conosciuta e, cosa a noi molto gradita, di ridurre all’osso le coreografie con cavi, scelta quest’ultima che rende i “corpo a corpo” molto realistici, serrati e soprattutto estremamente ravvicinati.
Considerando che si tratta di un’opera prima, Reeves sembra avere il controllo sulla sua opera, con il ruolo di villain interpretato con rigore, anche se senza guizzi e con qualche tocco enfatico di troppo. Purtroppo ciò che non ci ha particolarmente convinto è il protagonista, un atleta con i fiocchi che però pecca in carisma, se dovremmo fare un paragone ci viene in mente l’attore e stuntman Robin Shou (il Liu Kang dell’originale Mortal Kombat), in questo senso adeguato, ma non incisivo al di la delle prestazioni atletico/acrobatiche.
In conclusione “Man of Tai Chi” si pone senza dubbio una spanna sopra mediocri pellicole come Tekken e Street Fighter – La leggenda, ma soffre di una sorta di sindrome da videogame “picchiaduro”, lo sceneggiatore guarda caso scrive videogiochi, con una sfilza di incontri che si susseguono senza sosta all’interno di una cornice senza mordente emotivo. Divertente senza dubbio, coinvolgente purtroppo solo a livello “coreografico”, insomma basta andare a ripescare Senza esclusioni di colpi o anche il più recente Fearless con Jet Li, per percepire un consistente divario che non permette al film di Reeves di andare oltre il godibile.
Curiosità sul film
- Keanu Reeves in veste di regista si è concentrato in toto sui combattimenti (realistici e brutali) lasciando ai margini la storia di contorno (40 minuti dei 105 totali sono dedicati alle 18 sequenze di combattimento).
- La sceneggiatura del film è scritta da Michael G. Cooney che arriva dal mondo dei videogiochi; i suoi crediti come autore includono, una decina di corti, i videogiochi Devil May 4, Lost Planet 2 e Resident Evil 6 e il lungometraggio fantascientifico Alien Code del 2018, che Cooney ha anche diretto.
- La targa dell’auto che preleva Tiger Chen, N666L4, fa riferimento al quarto girone dell’Inferno nella Divina Commedia di Dante, quello dedicato agli avidi.
- Keanu Reeves e Tiger Hu Chen avevano già lavorato insieme in Matrix Reloaded (2003) e Matrix Revolutions (2003).
- Tiger Chen si è davvero lussato una spalla durante un combattimento.
- L’ortografia corretta di “Tai Chi” è “T’ai Chi” che è l’abbreviazione di “T’ai Chi Ch’uan”.
- Nel film a dun certo punto si rompe la Quarta Parete quando Tiger colpisce la macchina da presa.
- Su richiesta di Keanu Reeves per il film si è creata una apposita forma di Tai Chi, denominata “Ling Kong”.
- Keanu Reeves aveva difficoltà a trovare una maschera che gli piacesse da indossare. Ma quando il costumista Joseph Porro gli ha presentato quella “nera”, ne è rimasto molto contento.
- La piccola statua che Tiger riceve è Guan Gong, una famosa figura della cultura cinese che rappresenta la lealtà e i guerrieri.
- La statua di ottone che Tiger maneggia più volte durante il film rappresenta la divinizzazione di un generale storico, Guan Yu. La versione divinizzata ha molte versioni di nomi, come Kuan Kung, Guan Gong e Kwan Kong. Ciò che è interessante nel contesto di questo film è che è considerata una divinità protettrice di soldati, agenti di polizia e anche criminali.
- Il mercenario contro cui il personaggio Tiger combatte e quasi uccide è un uomo che l’attore Chen ha combattuto quasi dieci anni prima in un vero torneo.
- Il filmato che mostra Tiger da bambino è il video reale di Chen e dei suoi genitori.
- La star d’azione Iko Uwais fa un breve cameo verso la fine del film, quando il personaggio principale rifiuta di combattere con lui.
Man of Tai Chi – La colonna sonora
- Le musiche originali del film sono del compositore cinese Kwong Wing Chan (trilogia Infernal Affairs, Initial D, The Warlords – La battaglia dei tre guerrieri, Kill Zone – Ai confini della giustizia, Skiptrace: Missione Hong Kong).
- La colonna sonora include i brani Respect (RTPK) di 24Herbs; Salut D’amour e Cavatina Adagio Molto Espressivo – Quartetto per archi n. 13 in Si bemolle maggiore Op. 130 (Beethoven) di China Philharmonic.